Una top 10 per le vostre placide serate estive.

Il pasto nudo – D.Cronenberg
Consigliato se siete disgustati dagli insetti molto piccoli, ma non da quelli molto grandi. Cronenberg viaccompagnerà tra le pagine allucinate di Borroughs, in cospirazioni ordite da enormi alieni femminei tra le cupole di Marrakesch, scarafaggi-macchine da scrivere, scrittori strafatti di polvere disinfestante e lucido da scarpe. Un viaggio a volte indigesto a volte incomprensibile, ma che non mancherà di divertire gli amanti delle atmosfere morbose a cui Cronenberg ci ha abituati.

Voto C+

Nekromantik – J.Buttgereit
Un piccolo gioiello del cinema undeground tedesco: Buttgereit racconta una storia d’amore necrofilo, come se si trattasse di una telenovela sudamericana. E ciò che è più straordinario, il suo film riesce a intrecciare quadretti quasi commoventi (la disperazione di lui, dopo che la sua ragazza è scappata con il suo amante cadaverico) ad altri di registro grottesco (tutta la sequenza finale), senza risparmiarsi scene di Gore puro. Mezzi ed effetti speciali di serie Z, ma le inquadrature sono d’autore.

Voto B

La donna scimmia – M.Ferreri

Insieme a "La Cagna" e "L’ape Regina", compone una trilogia sulla Donna-Animale (dove l’uomo ne esce peggio). Tra le tante perle che il "Re" del cinema grottesco italiano ci ha regalato, ho scelto questa perchè è la più cinica e la più dissacrante. La trama: Ugo Tognazzi è un poco di buono, che mira a far soldi con squallidi numeri da prestigiatore di strada. Un giorno conosce una donna immensamente pelosa, dalle braccia alle guance, e decide di sposarla con le peggiori intenzioni. Non solo la tratta da schiava, ma la umilia allestendo intorno alla sua anomalia uno spettacolo circense di strada: grande attrazione, "La donna scimmia!". La sventurata, non solo si innamora del suo carnefice, ma tra i due si sviluppa un legame morboso, che sfocia nella passione. Nascerà un figlio…

Voto A-

Lupo mannaro contro la camorra – M.A.Adinolfi

Scendiamo decisamente di livello. La porcheria di Adinolfi potrebbe ambire, in competizione con pochi altri ("Epitaph", "Paganini Horror"..), al titolo di peggior film della storia. Ve ne renderete conto meglio con un piccolo assaggio della trama: il protagonista è un tamarro con indosso un crocefisso di cm 62×25 (il regista stesso), che ha come principale espediente recitativo quello di scoppiare a piangere istericamente quando la trama meno lo giustifichi. Giunto a Napoli, viene derubato del suo Ggioello…dalla camorra (impersonata nell’occasione da due scugnizzi in motorino). Il resto del film è una corsa disperata per recuperare il monile, tra spogliarelliste (gratuitamente desnude), i peggio stereotipi su Napoli e la Camorra, nonchè musiche d’azione tratte dalle pellicole minori di Chuck Norris. Scene Cult: il Nostro che, nel bel mezzo di una situazione amorosa, diventa un lupo mannaro e…sfonda il bacino alla sventurata che stava possedendo! Flashback: madre del protagonista, violentata da una specie di Yeti farlocco (il Demonio), durante un festino orgiastico. Infine, il massacro risolutivo a casa del boss camorrista, dove il Lupo Mannaro è stato genialmente riprodotto nel seguente modo: copricapo di bestia di montagna – trofeo di caccia; guanti con unghie zannute – trovati in qualche negozio di scherzi; corpo completamente e  ingloriosamente nudo; passo statico da zombie di Romero – ma il Lupo non dovrebbe essere agile e scattante?
In definitiva, qualcosa di talmente assurdo, che a confronto Alex l’Ariete merita una rivalutazione.

Voto Z+ ( il più per l’effetto grottesco involontario)

Il cuoco, il ladro, sua moglie, l’amante – P.Greenaway

I film di Greenaway sembrano opere d’arte: il gioco di luci, i colori, la disposizione degli attori, ricorda i quadri dei fiamminghi. Questo gioca sui contrasti, tra il rosso sangue del ristorante-prigione, il bianco del bagno galeotto, il verde della salumeria dove si consuma l’amore infedele, il nero della notte fuori dall’edificio. I personaggi, eccessivi come gli scenari entro cui si muovono, consumano un triangolo a base di cibo, sesso e morte, con finale infarcitura di prelibata carne umana.
Non guardatelo prima di cena.

Voto B+

Un gatto nel cervello – L.Fulci
Si torna in basso, con Lucione Fulci in una delle sue ultime apparizioni cinematografiche; questa volta addirittura come attore, nei panni di sè stesso. Il film è una vera e propria proiezione di mezzanotte, che non mancherà di tediare gli sventurati spettatori occasionali. Sarà invece una chicca per tutti i fans del regista, poichè in pratica il film è un assemblaggio di spezzoni di vecchie pellicole, squartamenti più famosi inclusi. Il lato grottesco è ben rappresentato dalla ridicola trama che Fulci si è cucito addosso: ad esempio, all’inizio del suo esaurimento nervoso, il regista avrà una visione di un’orgia sadomaso di donnine naziste nel suo salotto! Nonstante questo, lo smascheramento iniziale dell’assassino rende il tutto ancora più ripetitivo, tedioso, privo di interesse, per chi non è parente di Fulci o suo irriducibile estimatore.
Il testamento spirituale di un artigiano dello splatter.

Voto D-

Eraserhead – D.Lynch
All’inizio della sua carriera (1977), David Lynch confezionò un film a basso costo, dalle atmosfere allucinate, morbose ed inquietanti. La storia narra di un impiegato dalla pettinatura ridicolmente ‘sparata’ verso l’alto, che conduce una vita miserabile in una bettola, immerso in un paesaggio industriale in bianco e nero, che più deprimente non si può. La sua esistenza viene rallegrata da: una donnina col volto sfigurato, che balla il cabaret nel suo termosifone (sì, avete capito bene. E’ un cabaret in miniatura); una fidanzata piuttosto acida, che però gli regala la gioia del suo primogenito. Peccato che si tratti di un’orrendo feto-ET, con la testa di un coniglio scuiato. Abbandonato dalla ragazza, testa-di-gomma si prenderà ugualmente cura dell’orrida creatura…
In fase embrionale, sono presenti molti temi del Lynch che verrà. Resta comunque la sua opera più essenziale e "realistica", perciò in qualche modo più grottesca nell’atmosfera e nelle situazioni.
Il regista rimase a dormire negli Studios durante le riprese, perchè aveva perso la casa. Kubrik dirà di Ereserhead:"E’ l’unico film altrui che avrei voluto girare io".

Voto B

Dillinger è morto – M.Ferreri

L’interminabile notte di Micheal Piccoli, tra deliri solitari, la proiezione di vecchi filmini delle vacanze, l’assalto erotico alla cameriera, infine l’omicidio. Marco Ferreri raggiunge forse la vetta della sua arte: atmosfere mai così rarefatte, una "tensione della noia" che trascina lo spettatore nel senso di vuoto del protagonista, nella catarsi del suo gesto di ribellione finale. Intimista e folle, meglio anche della "Grande Abbuffata". Da ammirare Piccoli, praticamente sulla scena da solo per un’ora e mezza, mai così simbiotico col suo amico regista.

Voto A

La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone – P.Avati

Pupi Avati non ha sempre fatto commedie leggere. Nella sua gioventù, fu assiduo frequentatore del genere horror ("La casa dalle finestre che ridono", "Zeder") e grottesco ( "Tutti defunti…tranne i morti").
A quest’ultimo appartiene anche "La mazurka del barone", ridanciana e vernacolare commedia romagnola, condita da personaggi osceni, inganni e cattiverie, chiesa e nobiltà. Un carnevale di bassa lega trascinato dai suoi interpreti, molti dei quali personaggi noti: Ugo Tognazzi (un’altro "Re del grottesco", vista la frequenza con cui l’avete incontrato in questa rassegna), Paolo Villaggio, un allucinante ed irsuto Lucio Dalla.
Nonostante alcuni momenti di brillantezza, il complesso si rivela deludente. Meglio il Pupi Horror, se proprio volete.

Voto C

Todo Modo – E.Petri
Il grottesco politico è appannaggio del grande Elio Petri, autore tra gli altri di "Indagine su di un cittadino al di sopra di ogni sospetto", grande caposaldo del cinema italiano.
Meno riuscita invece questa trasposizione del romanzo di Sciascia, nonostante il notevole "materiale umano": Mastroianni, Gian Maria Volonté (nei panni – non dichiarati – di Aldo Moro). Da ricordare, però, i momenti di godimento sadico-religioso di Gian Maria, democristiano col gusto per l’espiazione: scene affastallate all’inizio, a cui segue un notevole calo di tensione verso il finale.

Voto B-

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Ringraziamenti
Un grazie sentito alla ragazza che, in mia compagnia, ha sopportato la visione della maggior parte di questi films.